Come funziona il consulente aziendale

Come funziona il consulente aziendale

Come funziona il consulente aziendale

Un sistema umano può essere aiutato solo ad aiutarsi da se.

Partendo da questa riflessione possiamo introdurre il concetto di consulenza in ambito aziendale come quell’attività svolta da un soggetto (consulente) nei confronti di singoli soggetti o gruppi di persone all’interno di un’azienda.

Non si deve pensare all’introdurre solamente delle tecniche o delle modalità in sostituzione o integrazione a ciò che esiste già ma un fornire supporto alla crescita culturale e allo sviluppo delle attività.

Il consulente quando inizia un intervento in azienda non conosce sufficientemente la particolare situazione e cultura di una organizzazione da potergli permettere di dare dei consigli utili ai membri della struttura per risolvere i loro problemi.

Diventa importante al riguardo creare una relazione efficace con il cliente ed in particolare con le persone con cui si dovrà interagire per analizzare insieme la situazione e sviluppare gli opportuni interventi.

Non esiste pertanto l’intervento consulenziale standard, non è funzionale approcciare troppo in termini di tecnica o di metodo, risulta importante vedere la situazione in termini di relazioni in cui sia possibile fornire aiuto.

Il consulente si mette quindi in una prospettiva per creare apprendimento e cambiamento e per poterlo fare efficacemente deve interpretare ruoli differenti richiesti dal contesto. Può essere consigliere, formatore, mentore coach.

Ogni attività di consulenza deve quindi aver chiaro la natura del problema o del progetto e molto spesso questo non è molto chiaro al cliente. E’ in questo ambito che il consulente deve ricorrere alle sue capacità professionali per accompagnarlo nelle azioni efficaci che lo porteranno ai cambiamenti o alle soluzioni desiderate.

I metodi d’azione del consulente aziendale

Possiamo descrivere tre modelli fondamentali che il consulente può agire in modo alternativo a seconda della situazione che si trova ad affrontare.

Il primo modello è quello definito “di esperienza” o “vedere e dire”. In questo modello il cliente acquisisce dal consulente delle informazioni od un servizio specialistico che da solo non potrebbe gestire. Potrà ricevere consigli, acquisire delle informazioni e/o strumenti utili a risolvere i suoi problemi o soddisfare le sue necessità.

Il secondo modello è quello definito “di processo”. In questo modello il consulente è coinvolto con il cliente nell’analizzare la situazione in quanto non è chiara per entrambi ed in questo processo diagnostico si riesce a definire quale genere di servizio specialistico risulterà appropriato alla particolare situazione. Sarà preliminare l’analisi dei punti di forza e di debolezza fatta con i vertici aziendali per supportare efficacemente nell’individuazione di piani operativi monitorabili. La valenza di questo modello è la partnership  che si riesce a creare con il cliente.

Il terzo modello è quello definito “di osservazione”. In questo modello il consulente è chiamato dall’azienda perché vuole che i suoi responsabili o l’azienda in toto siano messi sotto osservazione per scoprire le aree non performanti. Il consulente in questa posizione accresce il suo potere in quanto è sua responsabilità la diagnosi, la prescrizione degli interventi e l’attuazione degli stessi. Questi modello è molto utilizzato e ci si avvale spesso di strumenti di raccolta informazioni (test, questionari ecc.). Anche se è molto gradito dai consulenti può trovare dei limiti alla sua efficacia in quanto il cliente può vedere disattese delle sue aspettative.

Da questa breve considerazione il secondo modello è quello che si presta maggiormente per fornire un significativo supporto allo sviluppo aziendale e lo può fare integrando degli elementi che appartengono al terzo modello.

Il primo modello, quando usato, difficilmente incide nella cultura aziendale. Incidere nella cultura aziendale significa garantire le performance nel medio e lungo periodo.